Reattanza: difesa della propria libertà di scelta
- Dott.ssa Paola Bernuzzi
- 28 ago
- Tempo di lettura: 3 min
La reattanza psicologia: una difesa irrinunciabile per la propria libertà
Il termine reattanza è stato creato nel 1966 dallo psicologo Jack Brehm (Dettagli libro: Theory of Psychological Reactance; Brehm, Jack W; Editore Academic Press Inc ; pubblicazione. 1 novembre 1966), e descrive la tendenza delle persone a reagire negativamente quando sentono che la loro libertà individuale è minacciata o limitata. Mi spiego meglio: immaginate di entrare in un negozio con l’intenzione di comprarvi qualcosa che non avete ancora scelto e di sentirvi dire dalla commessa: “Questo vestito, non credo sia adatto al suo stile”. Anche se prima di questa frase il vestito non vi aveva particolarmente colpito, ora vi potrebbe capitare di ritrovarvi a tentare di capire cosa abbia fatto credere alla commessa che voi non siete “in sintonia” con quello stile di vestito. All’improvviso, quel vestito potrebbe diventare incredibilmente interessante, potreste percepire una sorta di sfida, come se indossare quel vestito potesse rendervi migliori, potesse aggiungere qualcosa che vi manca. Questo succede grazie a una reazione spontanea che si attiva nel cervello per soddisfare il bisogno di autonomia decisionale.
La reattanza è una forma di resistenza psicologica, che nasce dal bisogno fondamentale di sentirsi liberi di scegliere, e non riguarda solo le decisioni pratiche, ma anche le opinioni, i comportamenti e gli atteggiamenti.
Secondo Brehm, un bisogno base degli umani è quello di libertà di comportamento ed è irrinunciabile. Quando questa libertà viene minacciata con, ad esempio, imposizioni, divieti o pressioni persuasive troppo forti, inconsciamente ci si ritrova ad agire in senso contrario, per recuperarla. La maggior parte delle reazioni si possono raggruppare in due tipologie: il comportamento opposto: fare esattamente ciò che è stato vietato (es. si fuma in luoghi dove non è permesso farlo) e la rivalutazione della scelta negata: l’opzione vietata diventa la più desiderabile, fenomeno noto come “effetto frutto proibito” (es: comprare il vestito che è stato sconsigliato).
Ovviamente non tutte le minacce generano lo stesso tipo di azione. L’intensità della reazione contraria dipende da vari fattori:
L’importanza della libertà minacciata. Tanto più è importante la possibilità negata, tanto più la reattanza sarà forte.
Il numero di alternative eliminate dalla situazione: se ci vengono lasciate poche opzioni, la sensazione di costrizione aumenta.
Gli aspetti della personalità: i soggetti che hanno un’alta esigenza di autonomia o un marcato bisogno di controllo tendono ad avere reazioni più forti.
Il comportamento ribelle tipico della reazione di reattanza fa pensare immediatamente all’età dell’adolescenza, anche quando ci troviamo di fronte a persone adulte: “si comporta come un’adolescente” ma, in realtà, questa modalità è riscontrabile fin dalla più tenera età. I bimbi piccoli tendono a contrastare spontaneamente le imposizioni rigide (dichiarate spesso senza una spiegazione logica) proprio perché questo agire è radicato nella nostra struttura psicologica come arma di difesa di un bisogno fondamentale.
Per ridurre le reazioni di reattanza è quindi consigliabile, quando possibile, proporre delle scelte, piuttosto che impartire ordini, qualsiasi sia l’età di chi deve ricevere il messaggio.
Un altro ambito nel quale è bene tenere presente questo funzionamento psicologico è chiaramente quello organizzativo. Spesso i leader si ritrovano a dover comunicare delle decisioni, che loro stessi stanno subendo da ruoli superiori, che sollecitano già in prima battuta la loro reattanza. Riuscire a fare filtro, a comunicare la decisione in modo che non appaia come un’imposizione, fornendo una sorta di motivazione razionale, una visione che renda possibile la comprensione della decisione, facilita l’accettazione della novità e rende possibile l’adattamento collaborativo.
Che si stia agendo come genitori, insegnanti o leader che devono necessariamente imporre regole, farlo senza fornire adeguate spiegazioni è la scelta peggiore. Un approccio più collaborativo, che rispetta il bisogno di libertà dell’altro, riduce il conflitto e aumenta la cooperazione.
La reattanza psicologica è quindi la prova di quanto il bisogno di libertà sia radicato nella nostra mente. Ogni volta che percepiamo una restrizione, nasce un impulso a ripristinare l’autonomia di scelta. Sapere come funziona questo comportamento ci aiuta a comunicare meglio, a evitare conflitti inutili e persino a capire perché certe tentazioni sono così difficili da ignorare. In fondo, il “vietato” ha sempre un sapore appetibile.
